La pandemia cambia la prospettiva delle cose

Sono mesi che viviamo una situazione estrema. Lockdown. Pandemia. Distanziamento sociale. Smart working. Didattica a distanza. Termini semplici. Secchi. Precisi. Cesellati. Parole che delineano con poche lettere un universo di disagio, terrore e paura misto ad angoscia per il domani e disillusione.

Sono mesi, letteralmente mesi che cerco di tornare a scrivere come facevo prima. Senza freni, senza indugi. Senza remore. Ora, invece, con una realtà cambiata dalla pandemia mondiale, mi ritrovo a fare i conti con me stesso come non avrei mai voluto fare in vita mia, domandandomi se sarò mai capace di tornare a scrivere romanzi lunghi, senza sentirmi addosso il peso di un risultato così faticoso da ottenere.

In questo caso la fatica è quella mentale. Il prodotto di una continua attenzione riposta in luoghi della mente dove un tempo, invece, erano in essere degli automatismi affinati negli anni.

Se fosse un capitolo di un mio romanzo, questo 2020 lo considererei tutto da riscrivere. Da migliorare. Ma non si può. Non ci libereremo facilmente, credo, di questo peso psicologico che colpisce tutti trasversalmente, compreso me.

E mi colpisce nel mio punto più debole: quella tranquillità mentale necessaria per esplorare i miei universi narrativi è semplicemente stata compromessa, ostracizatta da una serie di nuove incombenze cui si deve far fronte. Ed ecco tornare quelle parole semplici ma letali.

Lockdown. Pandemia. Distanziamento sociale. Smart working. Didattica a distanza.

Sono mesi che mi sforzo, invano, di portare a termine un progetto grande. Un romanzo vero e proprio. Ne ho 12 in cantiere. Ognuno richiede, però, che la mia mente sia libera da preoccupazioni e dal peso di questa situazione soffocante.

Come ho scritto nel titolo, la pandemia cambia la prospettiva delle cose. Lo penso davvero. In primis, il mio approccio alla scrittura. Non ho la testa, in questo periodo, per approcciare un qualsivoglia progetto di grandi dimensioni come un romanzo.

No.

E allora ho deciso: la pandemia ci costringe all’isolamento quasi totale e ad usare parole e frasi concise? Bene. Allora occorre adattarsi. Voglio adattarmi. Voglio cambiare. Prendere spunto dalla situazione piuttosto che combatterla invano.

Niente romanzi per ora, dunque. Niente grandi progetti. Voglio virare. Cambiare rotta mentre sono in tempo, per non rinunciare a quello che amo e, contemporaneamente, creare qualcosa di interessante.

Lo farò. Ne sono sicuro. Niente romanzi, si scrivere. Già. Voglio creare qualcos’altro. Qualcosa che si adatti alla pandemia, che ne sia figlia. Voglio vedere l’effetto di questa causa pandemica.

Ho deciso che inizierò a scrivere delle semplici brevi storie qui sul nuovo sito. Disponibili per chiunque vorrà leggerle. Stralci di universi nuovi. O vecchi. Qualcosa di breve, ogni volta diverso. Non legato ai precedenti.

Voglio che sia un progetto.

Qualcosa cui guardare quando tutto questo finirà. Perché non è una questione di SE ma di QUANDO. E quando il momento arriverà so che potrò guardarmi indietro e capirò quanto queste gocce di scrittura sono state importanti.

Lo sono ora, per me. Voglio farlo. Per non perdere la dimestichezza con quanto so fare ma anche perché non voglio che tutto questo mi segni più di quanto non abbia già fatto.

Sto per creare una nuova voce di menu chiamata DROPLETS. Come quelle goccioline pericolose che tentiamo in tutti i modi di contenere con le nostre mascherine.

Ciò che scriverò saranno delle gocce in un vasto mare. Un oceano, se vogliamo. Gocce di scrittura. Gocce di sudore (le due cose spesso coincidono). Gocce di infinito. Messe nero su bianco.

Personaggi sempre nuovi. Storie prese a metà ed abbandonate a metà. Come se potessi aprire una finestra su un cortile che non è il mio quel tanto che basta per raccontarne una piccola, minuscola porzione.

Grande, appunto, quanto una minuscola droplet.

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