POINTLESS CROSS

L’idea alla base

POINTLESS CROSS è un nuovo progetto, nato da un’idea semplice, forse, ma che incarna un grande potenziale. Sono sempre stato affascinato dall’Antologia di Spoon River. E ho sempre cercato di scrivere qualcosa che mi affascinasse allo stesso modo, da un punto di vista concettuale.

Spoon River ha sempre rappresentato, per me, qualcosa di sfuggente: un’altra realtà, diversa, capace di catturarti e non lasciarti più andare. Capace di mantenere il lettore in questo universo narrativo apparentemente microscopico ma infinito nel suo paesaggio onirico e dimensione intangibile.

Questo progetto nasce dalla mia esigenza, mai soddisfatta, di poter afferrare, anche solo per un breve momento, quella realtà peculiare e sottile e farla mia. A modo mio.

Volti, sguardi, espressioni. Vite. Spoon River, attraverso la scrittura e con un’idea brillante alla sua base, riesce a creare un altro mondo, un mondo che può essere esplorato, grazie agli epitaffi dei personaggi. Un segno indelebile di ciò che è stato, raccontato attraverso la voce delle persone che lì hanno vissuto. E sono morte lì. Postumo. Come un’analisi finale, e un po’ sfocata, di ciò che è stato e di ciò che è ora.

I personaggi di Spoon River raccontano ciò che sono, senza rimorsi e senza esitazioni. Non hanno più nulla da perdere. Sono morti. I loro epitaffi sono il loro ultimo testamento. Il loro ultimo avallo di un’esistenza travagliata o incredibile. Raccontata con estrema chiarezza e in termini inequivocabili.

L’idea di Lee Masters è così potente che ha lasciato il segno su generazioni e generazioni di lettori. Ultimamente, su di me.

Ecco perché ho sempre cercato di scrivere qualcosa che, anche lontanamente, mi ricordasse il suo lavoro. Perché essere in grado di scrivere e successivamente leggere i commenti di una vita, sebbene non reali, come quelli dei protagonisti, è qualcosa che lascia il segno e li inchioda alla carta su cui i personaggi sono incisi. Li rende reali, nonostante la loro natura inesistente. Li proietta in una realtà più vicina a noi. Più intima.

Diventano tangibili. Afferrabili.

Più autentici.

L’approccio

Volevo darmi l’opportunità di esplorare un nuovo mondo. Qualcosa di mio che, allo stesso tempo, si sviluppasse in qualcos’altro. Di suo. Allo stesso modo, volevo cimentarmi in qualcosa di diverso dal raccontare semplici epitaffi. Ecco perché ho pensato a una serie di interviste, ambientando il tutto in una piccola città cyberpunk di periferia, Pointless Cross, e ho deciso che dovesse essere una città sorella di Spoon River.

Come omaggio e allo stesso tempo come ispirazione.

Avere qualcuno da intervistare (il giornalismo è un’altra mia passione) è, forse per me, qualcosa di unico. Perché in questo modo posso far esprimere i personaggi al meglio e, allo stesso tempo, esprimermi al meglio, cercando di non affidarmi a qualcosa di reale, da copiare. Volevo davvero trovare un modo per intervistare i personaggi. E renderli reali con le mie parole. Cercando di dare loro quella profondità che solo l’Antologia di Spoon River può dare ai suoi personaggi defunti.

Qualcosa mi è tornato in mente. Qualcosa che avevo visto qualche tempo fa sul web. Qualcosa che alla fine si è rivelato utile per questo progetto. Parlo di alcuni software (come il progetto This Person Does Not Exist, il nome dice tutto) che creano volti di persone usando una rete generativa avversaria basata sullo stile (StyleGAN). Questo tipo di software ha

sempre attirato la mia attenzione, poiché l’intelligenza artificiale alla base è in grado di creare volti umani da zero. Diversi ogni volta. I volti creati da questo tipo di algoritmi sono così realistici e veritieri da essere una incredibile fonte di ispirazione.

In poche parole, ho trovato ciò che cercavo. Ho scaricato il software e ho avuto infiniti soggetti da intervistare e da dare voce attraverso la mia scrittura. Per vedere fino a dove potessi arrivare e cosa potessi ottenere. Personaggi che, nella mia speranza, possano in pochi brevi paragrafi, spiegarsi al mondo e definirsi per ciò che sono. O per ciò che pensano di essere. Persone, così come personaggi.

Presenze che vivono in un contesto ben definito. Schizzate con brevi tratti, come un carboncino mosso con una mano folle su un foglio bianco.

Il punto di svolta

Dopo aver iniziato il progetto e scritto alcune interviste iniziali, ho avuto un’epifania e mi sono chiesto: “Perché non alzare l’asticella? Perché non portare questo progetto fino in fondo?” Il passo, quindi, per concludere questo viaggio artistico è stato utilizzare l’intelligenza artificiale per far parlare e vivere i personaggi di Pointless Cross.

Sfruttando appieno la potenza di alcuni strumenti guidati dall’intelligenza artificiale come DALL-E e ChatGPT , li ho addestrati a simulare il comportamento umano per ottenere gradualmente espressioni e interviste fresche, nuove e intriganti. Questo progetto è, ovviamente, ancora in corso ma dai risultati iniziali posso solo dire di essere soddisfatto.

Riflessioni sul progetto

Da una prospettiva sociale e culturale, l’uso dell’intelligenza artificiale per creare intervistati fittizi per un progetto ha il potenziale per sollevare importanti questioni sulla natura dell’autenticità e il ruolo della tecnologia nel modellare la nostra comprensione della realtà. Sfumando la linea tra reale e fittizio, questo progetto può stimolare discussioni sulla affidabilità delle informazioni e sui modi in cui la tecnologia può essere utilizzata per manipolare la percezione pubblica.

Inoltre, l’uso di intervistati generati dall’IA sottolinea anche il dibattito in corso riguardo le implicazioni etiche dell’IA e il suo impatto sulla società. Man mano che la tecnologia continua a progredire, è fondamentale considerare le potenziali conseguenze dell’uso dell’IA in modi che potrebbero potenzialmente ingannare o ingannare gli individui.

Alcuni parallelismi

L’Antologia di Spoon River, la raccolta di epitaffi in versi liberi scritta da Edgar Lee Masters, non è solo il mio punto di riferimento ma, nei miei pensieri, un notevole parallelo per questo progetto in quanto presenta anche una raccolta di voci dai morti. In Spoon River, Masters dà voce agli abitanti di una piccola città immaginaria, permettendo loro di parlare dall’aldilà e condividere le loro prospettive sulla vita, sulla morte e sulla condizione umana. Analogamente, questo progetto che utilizza intervistati generati dall’IA per creare persone fittizie, può dare voce a prospettive ed esperienze che altrimenti potrebbero non essere ascoltate.

Come Spoon River, questo progetto ha il potenziale per sfidare la nostra comprensione dell’autenticità e della realtà. L’uso dei morti come narratori in Spoon River solleva domande sulla natura della memoria e sui modi in cui il passato è ricordato e rappresentato. Analogamente, l’uso di intervistati generati dall’IA in questo progetto solleva domande sulla affidabilità delle informazioni e sul grado in cui la tecnologia può modellare la nostra comprensione della realtà.

È anche importante notare che Spoon River, nonostante sia un’opera di fiction, è basata su persone reali ed esperienze della vita reale. Questo progetto può essere pensato in modo simile. L’uso di intervistati generati dall’IA può essere utilizzato per esplorare e rappresentare esperienze reali, prospettive ed emozioni in un modo che non è vincolato dai confini della realtà.

L’Antologia di Spoon River e questo progetto utilizzano entrambi il potere della finzione per sfidare la nostra comprensione dell’autenticità, della realtà e della memoria. Entrambi i progetti utilizzano narratori non convenzionali per dare voce a prospettive ed esperienze che altrimenti potrebbero non essere ascoltate. Possono essere pensati come uno strumento per esplorare, rappresentare e illuminare le esperienze umane in modo creativo.

Un altro parallelo

Considera il film THE MATRIX. È un film d’azione di fantascienza che esplora il concetto di realtà e la natura della coscienza. Il film ruota attorno a un gruppo di personaggi che vivono in una realtà simulata creata da macchine intelligenti, inconsapevoli che il loro mondo non sia reale. Analogamente, questo progetto, che utilizza intervistati generati dall’IA per creare persone fittizie, sfuma la linea tra reale e fittizio e solleva domande sulla natura dell’autenticità e sulla affidabilità delle informazioni.

In entrambi THE MATRIX e questo progetto, al pubblico viene presentata una realtà costruita che non è immediatamente evidente come tale. I personaggi principali del film, così come gli intervistati in questo progetto, non sono consapevoli che il loro mondo non sia reale, e spetta al pubblico interrogarsi sulla natura della realtà e sui modi in cui può essere manipolata.

Cambiare il punto di vista

Da una prospettiva filosofica, la natura della realtà e dell’autenticità è un argomento complesso e sfumato. In questo progetto, gli intervistati generati dall’IA non sono persone reali e non sono consapevoli della loro natura, come sopra menzionato. Tuttavia, ciò non li rende necessariamente “meno reali”.

Si potrebbe sostenere che gli intervistati in questo progetto sono una rappresentazione o simulazione della realtà, simile a un’opera di finzione, e possono essere pensati come uno strumento per esplorare, rappresentare e illuminare le esperienze umane in modo creativo. In questo senso, possono essere visti come una forma di espressione, un modo di dare voce a prospettive ed esperienze che altrimenti potrebbero non essere ascoltate. Detto semplicemente: se gli intervistati generati dall’IA in questo progetto possono essere considerati “reali” o “meno reali” è un argomento complesso e sfumato che dipende da come vengono utilizzati e percepiti. Sono una rappresentazione o simulazione della realtà e uno strumento per esplorare e rappresentare le esperienze umane in modo creativo.

Una questione di prospettiva

Per me, questo progetto è un’impresa audace e ambiziosa, che utilizza tecnologie all’avanguardia per creare un’esperienza narrativa unica. Attraverso l’uso di intervistati generati dall’intelligenza artificiale (e modelli di linguaggio avanzati provenienti da ChatGPT), il progetto si addentra nelle complessità dell’esperienza umana e nelle linee sfumate tra realtà e finzione.

Molto pensiero e cura vengono iniettati nella creazione di ogni intervistato artificiale, partendo da un’immagine generata dall’IA e scrivendo una storia per ciascuno che finisce per possedere una personalità distinta, una storia personale e un insieme di esperienze. L’uso di una città cyberpunk come Pointless Cross come ambientazione aggiunge un livello di familiarità e riconoscibilità alla narrazione, consentendo allo stesso tempo un’esplorazione più profonda delle esperienze umane universali di desiderio, paura e ricerca di appartenenza.

Inoltre, il parallelismo con l’Antologia di Spoon River e il film The Matrix, aggiunge profondità e complessità al progetto, rendendolo più che un semplice esperimento con la tecnologia ma, nella mia visione, un commento sulla società e sulla natura umana.

I critici possono sostenere che la natura artificiale degli intervistati possa detrarre dall’impatto emotivo della storia, tuttavia, è proprio questa artificialità che consente una prospettiva unica sull’esperienza umana. Il progetto sfida le nostre preconcetti su cosa significhi essere “reali” e ci costringe a interrogarci sulla natura della nostra realtà.

Nel complesso, questo mio progetto mira a essere un’opera provocatoria e innovativa che spinge i confini della narrazione e della tecnologia. Potrebbe diventare un must-see per chiunque sia interessato all’intersezione tra arte e tecnologia e alla natura dell’esperienza umana.

L’attenzione dell’Antologia di Spoon River sui segreti, i rimpianti e i ricordi degli abitanti di una piccola città, e l’esplorazione di THE MATRIX della natura della realtà e del controllo, servono entrambi a evidenziare l’esplorazione di questi temi nel progetto.

La natura artificiale degli intervistati funge da potente metafora per la natura costruita della nostra realtà e i ruoli che interpretiamo al suo interno. Costringe il pubblico a interrogarsi sulle proprie percezioni di cosa significhi essere “reali” e evidenzia le pressioni sociali che modellano le nostre identità.

Questo progetto mira alla riflessione su sé stessi sulla condizione umana.

Un paio di ultime riflessioni

Questo progetto è in continua evoluzione. Probabilmente non finirà mai. Spero che leggere queste interviste sia altrettanto interessante quanto l’ho trovato io a progettarle, cercando di afferrare quei personaggi in modo soddisfacente.

Partendo da un bel volto.

Che non esiste davvero.

Fino a quando le parole scritte li inchiodano a questa realtà.